Come siamo stati contenti quando, sotto gli occhi di mamma e papà, abbiamo scritto per la prima volta il nostro nome e cognome: la prima firma. Certo, eravamo un po’ incerti, la scrittura era un po’ storta. Ma eravamo contenti.
Poi, la vita ci ha portato a firmare altre decine di volte: alcune firme sono state importanti, altre dolorose.
Ma sono state tutte necessarie? Forse no.
Se guardiamo un qualsiasi contratto assicurativo, quando la compagnia si comporta in maniera corretta, ci rendiamo conto che apponiamo almeno sei firme di cui una per la vera e propria sottoscrizione del contratto e le altre cinque per esprimere i consensi al trattamento di dati personali
- a scopi assicurativi;
- per comunicazioni e iniziative promozionali da parte della compagnia stessa (attenzione!);
- per comunicazioni e iniziative promozionali da parte di altri soggetti con i quali la compagnia assicurativa stringe accordi (attenzione attenzione!);
- per ricerche di mercato e indagini statistiche varie (attenzione!);
- per analisi dei dati relativi ai nostri interessi (attenzione attenzione attenzione!).
Oggi, poi, molte compagnie (ma anche banche, operatori commerciali, ecc.) acquisiscono la nostra stessa firma come dato personale. Si chiama “firma grafometrica” e, quindi, mettiamo una firma per fornire il consenso a trattare la nostra firma.
Insomma, firme dappertutto e non tutte necessarie.
Il Regolamento UE 679/2016 (ma anche la normativa pregressa) ci dice che il consenso deve essere “libero, informato e specifico” e chi ce lo chiede deve esprimersi in modo semplice e comprensibile e, soprattutto, deve indicarci quale dei consensi richiesti è necessario ai fini della conclusione del contratto.
La nostra compagnia assicurativa fa bene ad essere specifica chiedendoci cinque firme (o forse più). Qualche volta, però, dovrebbe essere più chiara sulle finalità dei trattamenti e aggiungere che, se non mettiamo le ultime quattro firme (oppure le mettiamo sotto un NO), non succede nulla.