Il diritto alla cancellazione o diritto all’oblìo risponde sia al principio di minimizzazione dei dati sia al principio di correttezza previsti dal GDPR e, spesso, può essere la conseguenza di un precedente accesso avvenuto da parte dell’interessato.
Lo spirito del Regolamento prevede che il titolare detenga solo i dati personali strettamente necessari al perseguimento delle finalità debitamente espresse nell’informativa.
Quando il dato personale non è più necessario al perseguimento di una finalità deve essere cancellato. A questo principio si applicano alcune eccezioni quando il dato personale deve essere mantenuto per ragioni contrattuali o normative oppure, per esempio, per garantire la libertà di espressione o di informazione.
Questo diritto, insieme al diritto di rettifica, richiede che il titolare sia attento al ciclo di vita del dato ovvero abbia messo in atto tutti i meccanismi organizzativi (di natura fisica e/o informatica) affinché i dati personali siano perfettamente aderenti alle finalità in corso.
Naturalmente, la cancellazione può avvenire su richiesta dell’interessato. In questo caso, il titolare, oltre a cancellare i dati nella propria disponibilità, ha l’obbligo di notificare la volontà di cancellazione anche agli altri titolari cui li ha, eventualmente, trasmessi.
Il Regolamento prevede che il titolare corrisponda senza ingiustificato ritardo alle richieste di cancellazione da parte dell’interessato e, comunque, entro un mese; tuttavia, tale termine può essere prorogato di ulteriori due mesi in casi di particolare complessità.
Le violazioni del diritto di cancellazione sono tra quelle che prevedono le sanzioni più severe (fino a 20.000.000 di euro).