Cyberbullismo, privacy e consapevolezza

Troverete spesso, in questo sito, la parola consapevolezza perché crediamo che sia la vera chiave per ridurre gli effetti negativi dell’abuso di dati personali in rete.

Accogliamo, quindi, con grande simpatia la nuova legge sul cyberbullismo che si fonda soprattutto “sull’educazione all’uso consapevole della rete Internet e ai diritti e doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche” (art. 4 comma 5).

Abbiamo cercato di capire, in concreto, su quali risorse “istituzionali” un tredicenne possa contare per acquisire una maggiore consapevolezza dell’uso della Rete, dei suoi diritti e dei suoi doveri. Il sito del MIUR (quello della istruzione pubblica) nella pagina dedicata a bullismo e cyberbullismo riporta:

  • due circolari datate 2007;

  • due link a siti rimasti aggiornati, rispettivamente, al 28/5/2014 e 23/2/2016;

  • un documento scaricabile del 2015 intitolato “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo”.

Andando un po’ più a fondo ed inserendo la parola cyberbullismo nel motore di ricerca del MIUR, emerge un documento denominato “Piano nazionale per la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo a scuola – 2016/2017”: sono tante le iniziative raccontate, ma quasi tutte molto distanti dall’eroe moderno di tredici anni, tutto smartphone e social. Nessun hashtag, nessuna community, nessuna app scaricabile: nessuna possibilità che la generazione Z possa, quantomeno, incuriosirsi.

L’unica iniziativa che si avvicina ad una modalità di fruizione tipica dei post‑millennials è generazioniconnesse.it: un sito informativo moderno e aggiornato. Abbiamo notato che punta ad un eccellente e specifico canale Youtube e riporta, con la dovuta evidenza, la notizia del primo ammonimento con il quale un questore ha punito un ragazzo che minacciava di pubblicare su Internet le foto della fidanzatina. D’altra parte, le contraddizioni sono sempre dietro l’angolo: è difficile che un tredicenne si soffermi a leggere un vademecum di 136 pagine che il sito generazioniconnesse.it offre ai suoi lettori.

Anche il Garante per la Protezione dei Dati Personali, che pure ha accolto la legge sul cyberbullismo con un vigoroso plauso, solo qualche giorno fa ha pubblicato un’infografica per sintetizzarne i contenuti. Peccato che manchi proprio un contributo nella direzione della consapevolezza che, per noi, significa soprattutto prevenzione delle situazioni rischiose ed attenzione alla privacy.

La domanda è: quanto siamo consapevoli di come si migliora la consapevolezza dei ragazzi? Siamo sicuri di avere messo in campo (in passato) e di saper mettere in campo (in futuro) gli strumenti che la nuova legge ci chiede?

La legge italiana, come al solito, precorre i tempi rispetto agli altri paesi europei (è la prima in ambito UE su questa materia). Ma, al di là del doveroso impegno dissuasivo delle Forze di Polizia, siamo in grado di generare una “consapevolezza” durevole e sostenibile? Abbiamo chiesto consiglio a qualche Social Network Manager? Se lo abbiamo fatto, non se n’è accorto nessuno o, forse, lo abbiamo invitato per una dozzina di riunioni ad un “tavolo tecnico” e, poi, ce ne siamo dimenticati.

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Basta un poco di organizzazione

Perché tanto clamore intorno alla questione vaccini, scuola e privacy?

Il decreto vaccini (D.L. 73/2017 convertito con la legge 119/2017) assegna alle ASL il compito di sensibilizzare, vaccinare, verificare e sanzionare. Le scuole entrano in gioco, perché il legislatore ha legato l’obbligo della vaccinazione all’obbligo scolastico. Di qui, la questione del flusso di dati personali tra le scuole e le ASL, sulla quale si è fatto forse troppo rumore per nulla.

Ecco, dunque, un riepilogo dei fatti. Il Codice della privacy (Dlgs. 196/2003) vieta la libera trasmissione di dati personali tra amministrazioni pubbliche, in assenza di una specifica norma o di un parere positivo del Garante. Il decreto vaccini prevede, d’altra parte, che le scuole trasmettano alle ASL gli elenchi degli iscritti, per verificare che abbiano eseguito le vaccinazioni, solo a partire dall’anno scolastico 2019/2020; per l’anno scolastico 2017/2018, quindi, è necessario il parere del Garante (arrivato d’urgenza il primo settembre).

Ma siamo sicuri che le ASL abbiano bisogno dell’aiuto delle scuole?

Le ASL trattano i dati personali degli assistiti. Sanno, quindi, perfettamente la nostra data di nascita e la usano per gestire il libretto vaccinale. Bastava trattare, magari in formato elettronico, la data di nascita e le vaccinazioni somministrate per effettuare le seguenti operazioni:

1. estrarre i soggetti sotto i sedici anni (età della scuola dell’obbligo);

2. controllare per tali soggetti lo “stato vaccinale”;

3. convocare per la sensibilizzazione le famiglie dei minori che non sono in regola con le vaccinazioni obbligatorie (primo passo previsto dal decreto vaccini);

4. procedere all’eventuale sanzione e alla segnalazione agli organi giudiziari competenti.

Insomma, le ASL non hanno bisogno di ricevere dai dirigenti degli istituti scolastici gli elenchi degli iscritti. Viceversa, i dirigenti degli istituti scolastici hanno bisogno di ottenere, dai genitori, la documentazione attestante lo stato vaccinale degli alunni (anche mediante autocertificazione). In caso di autocertificazione, poi, i dirigenti possono chiedere alle ASL, avvalendosi semplicemente dell’art. 71 D.P.R. 445/2000, di verificare quanto i genitori hanno dichiarato. In alternativa, i genitori possono consegnare alla scuola l’autocertificazione e riservarsi di ottenere direttamente dalla ASL il certificato di vaccinazione, da recapitare alla scuola entro il 10/3/2018.

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